VENERDI 24 novembre
spettacolo ore 18.00
un No alla violenza e in particolare nel ricordo di tutte le donne vittime di ogni forma di violenza, L'Istituto Comprensivo Camaiore 1 in collaborazione con il cinema "Borsalino " di Camaiore , organizza una proiezione speciale di un film che vuole essere una riflessione all'educazione e alla parità di genere
Regia: Haifaa Al Mansour
Attori: Waad Mohammed - Wadjda, Reem Abdullah - Madre, Abdullrahman Al Gohani - Abdullah, Ahd (Ahd Kamel) - Hussa, Sultan Al Assaf - Padre
Sceneggiatura: Haifaa Al Mansour
Fotografia: Lutz Reitemeier
Musiche: Max Richter
Montaggio: Andreas Wodraschke
Scenografia: Thomas Molt
Costumi: Peter Pohl
ARABIA SAUDITA, GERMANIA 2012 - 97 min.
Produzione: RAZOR FILM IN COPRODUZIONE CON HIGH LOOK GROUP E ROTANA STUDIOS IN COOPERAZIONE CON NORDDEUTSCHER RUNDFUNK E BAYERISCHER RUNDFUNK
Distribuzione: ACADEMY TWO
Riyadh. Wadjda ha un grande sogno: poter comprare la bicicletta verde
che fa capolino dalla vetrina del negozio di giocattoli davanti al quale
passa tutti i giorni; ma alle ragazze è proibito andare in bicicletta e
deve escogitare un piano per trovare il denaro necessario a comprarla.
L'occasione le viene servita su un piatto d'argento quando viene indetto
un concorso in cui i concorrenti devono recitare alcuni capitoli del
Corano...
CRITICA
"Wadjda
ha dieci anni e vive alla periferia di Riyadh, capitale dell'Arabia
Saudita. Un tantino ribelle, la bambina non si sottomette all'amichetto
Abdullah, col quale gioca dopo la scuola: per stargli alla pari, anzi,
decide di procurarsi una bella bicicletta verde con cui batterlo in
velocità. Sua madre, però, è contraria: perché nel loro Paese anche una
bici, in mano a una creatura di sesso femminile, è avvertita come un
minaccioso sintomo di emancipazione. Allora Wadjda decide che si
procurerà da sola i mezzi necessari; ma l'unica via sembra vincere una
gara di Corano che mette in palio un premio in denaro. Anche essere
donna e regista, come Haifaa Al-Mansour, è una trasgressione nella sua
terra; e soprattutto in un Paese che non ha sale cinematografiche. Dal
neorealismo di 'Ladri di biciclette' al cinese 'Le biciclette di
Pechino', e oggi con 'La bicicletta verde', le due ruote assumono un
valore simbolico per raccontare un'epoca attraverso una storia privata.
Haifaa possiede un acuto senso dell'osservazione e lo mette al servizio
di un film da osservare nei dettagli."
(Roberto Nepoti, 'La Repubblica',
6 dicembre 2012)
"Wadjda ha un sogno: comparsi la bicicletta che vede tutti i giorni
tornando a casa da scuola, e sfrecciare per le strade della città più
veloce del ragazzino amico del cuore. Sembra una cosa semplice, eppure
per lei non lo è. Infatti Wadjda (la bravissima Waad Mohammed) vive in
Arabia Saudita dove per le donne tra le tante cose è vietato anche
andare in bicicletta. Wadjda ha conquistato il pubblico dell'ultima
Mostra di Venezia, dove era nella sezione Orizzonti, arrivato come il
primo film di una regista donna in Arabia Saudita, Haifaa Al Mansour
prodotto senza alcun supporto nonostante i sempre più frequenti
investimenti culturali dei grandi capitali arabi. Ma forse la storia era
poco nei canoni ammessi, anche se poi Haifaa Al Mansour non è mai
aggressiva, e nemmeno giudicante, ma avvicina i diversi aspetti
dell'universo femminile. Con una narrazione semplice, in cui gli
schematismi occidentali rispetto al soggetto lasciano il posto a uno
sguardo amoroso, una empatia coi personaggi, e con gli interpreti
(stupenda anche Reem Abdullah che è la madre), anche quelli meno
«positivi». Il titolo italiano, 'La bicicletta verde', ci porta subito a
pensare ai 'Ladri di biciclette' di De Sica, il riferimento non è
nemmeno troppo casuale. Haifaa Al Mansour sembra, infatti, guardare alla
lezione del cinema iraniano di Kiarostami che, a sua volta, ha sempre
dichiarato nei suoi primi film un debito col neorealismo italiano, nella
scelta di mettere al centro i ragazzini che diventano la voce, e il
racconto, dei conflitti e anche di una possibile ribellione."
(Cristina
Piccino, 'Il Manifesto', 6 dicembre 2012)
"Considerate le gravi forme di discriminazione alle quali è soggetta la
donna nei paesi arabi wahabiti, un film girato a Riyadh a firma di una
regista del gentil sesso è già di per sé una notizia; se poi aggiungiamo
che si tratta di una piccola storia di emancipazione femminile,
l'interesse aumenta. E, tuttavia, ancor più importante è che la saudita
Haifaa Al Mansour abbia esordito (grazie anche al Torino Film Lab tra
l'altro) con una commedia assai graziosa e accattivante. (...) In una
chiave di denuncia improntata ad affettuosità verso le protagoniste
piuttosto che ad accesi toni polemici, il film scorre con piglio fresco e
vivace e la deliziosa Waad Mohammed si dimostra un vero talento
naturale."
(Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 6 dicembre 2012)
"A Venezia 2012 e stato un po' il caso del festival, passato nella
sezione Orizzonti. 'La bicicletta verde', infatti, oltre che un piccolo
grande film è anche una sorta di manifesto contro l'oppressione delle
donne, tanto da aver ottenuto il sostegno di Amnesty International. Si
tratta, infatti, della prima pellicola girata da una regista in Arabia
Saudita, paese dove le donne non hanno diritto al voto, né alla patente e
dove persino il cinema è bandito: le sale sono proibite ed i film si
vedono solo a casa. (...) Attraverso una solida sceneggiatura il film ci
accompagna, quasi in modo documentaristico, attraverso le vite
quotidiane di madre e figlia, mostrandone le difficoltà e gli
impedimenti, senza mai cadere nel didascalico o nella denuncia retorica.
Assistiamo così alle continue discussioni della madre con l'autista:
non potendo portare la macchina, come ogni donna saudita, anche lei è
obbligata ad avere qualcuno che l'accompagni sul posto di lavoro, molto
lontano da casa. E non è che un esempio del regime di segregazione
vissuto dalle donne. Wadjda, però, a tutto questo non ci sta."
(Gabriella Gallozzi, 'L'Unità', 6 dicembre 2012)
"Dagli schermi di Venezia arriva (...) 'La bicicletta verde' diretto
dalla prima donna regista in Arabia Saudita, Haifaa Al Mansour. La
storia è quella di una ragazzina che, decisa ad acquistare una
bicicletta per gareggiare con un suo coetaneo, diventa simbolo della
speranza di cambiamento di una società dove alle donne è vietata persino
la visibilità."
(Alessandra De Luca, 'Avvenire', 6 dicembre 2012)
"Wadjda ha 10 anni e uno sogno nel cassetto: la magnifica bicicletta
verde del negozio accanto per gareggiare coll'amico coetaneo Abdullah.
Peccato le sia vietato, essendo una cittadina dell'Arabia Saudita che,
oggi come allora, mantiene la condizione femminile a un livello di
segregazione e sudditanza. Il 'fuoco sacro' della bambina però non
conosce ostacoli né regole, portandola diritta al suo obiettivo, con la
sorprendente complicità della madre. Presentata a Venezia 2012 in
Orizzonti, la delicata e divertente 'commedia-in-favola' 'La bicicletta
verde' sarà ricordata quale il primo film diretto da una donna saudita.
Qualcosa di straordinario, se si pensa che tuttora in Arabia è vietato
frequentare le sale cinematografiche. Va detto che la regista è
straniera di formazione (Egitto, Australia) ovvero dotata di uno sguardo
'emancipato' sia nel cine-linguaggio, sia nelle tematiche. Oggi Haifaa
Al Mansour è tornata a risiedere a Riyadh, ostinata come la sua giovane
protagonista a immaginare un futuro migliore per le sue concittadine. Da
non perdere.
(Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 6 dicembre
2012)