Regia: Gianni Amelio
Attori: Elio Germano - Fabio, Giovanna Mezzogiorno - Elena, Micaela Ramazzotti - Michela, Greta Scacchi - Aurora, Renato Carpentieri - Lorenzo, Arturo Muselli - Saverio, Giuseppe Zeno - Giulio, Maria Nazionale - Rossana, Hieb Khili - Imputato tunisino, Valerio Comparelli - Paziente ospedale, Renato Carpentieri Jr. - Francesco, Fabio Cocifoglia - Notaio, Bianca Panicci - Bianca, Giovanni Esposito - Davide, Salvatore Cantalupo - Satriano, Nunzio Giuliano - Pascalì, Abdou Magib Fall - Ambulante, Giuseppe Gavazzi - Negoziante oggetti usati, Rosario Minervini - Carabiniere, Walter Lippa - Carabiniere, Dario De Rosa - Maresciallo, Franco Pinelli - Avvocato con il giornale, Salvatore Sodano - Infermiere, Maria Giovanna De Cristofaro - Dottoressa, Rosario D'Angelo - Barelliere, Carmen Pommella - Infermiera bionda, Valeria Luchetti - Infermiera, Luca Gallone - Infermiere che fotografa, Michele Danubio - Medico, Antonio Marfella - Capitano dei Carabinieri, Enzo Casertano - Portiere studio di Lorenzo, Noureddin El Falah - Barista arabo, Hedi Krissane - Imputato egiziano, Lello Serao - Proprietario dell'officina, Antonio Morra - Antonio, Giancarlo Cosentino - Giudice, Peppe Bosone - Giudice
Soggetto: Lorenzo Marone - (romanzo), Gianni Amelio, Alberto Taraglio - (collaborazione), Chiara Valerio - (collaborazione)
Sceneggiatura: Gianni Amelio, Alberto Taraglio
Fotografia: Luca Bigazzi
Musiche: Franco Piersanti
Montaggio: Simona Paggi
Scenografia: Giancarlo BasilI
Costumi: Maurizio Millenotti
Suono: Alessandro Zanon - (presa diretta)
NOTE
-
FILM RICONOSCIUTO DI INTERESSE CULTURALE CON IL CONTRIBUTO ECONOMICO
DEL MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL
TURISMO-DIREZIONE GENERALE CINEMA; REALIZZATO IN ASSOCIAZIONE CON (AI
SENSI DELLE NORME SUL TAX CREDIT): UNIPOL BANCA SPA, FOCCHI; CON LA
COLLABORAZIONE DI FILM COMMISSION REGIONE CAMPANIA; CON IL PATROCINIO
DEL COMUNE DI NAPOLI.
- GLOBO D'ORO 2017 A RENATO CARPENTIERI COME MIGLIOR ATTORE. LE ALTRE
CANDIATURE ERANO: MIGLIOR FILM, SCENEGGIATURA E ATTRICE (MICAELA
RAMAZZOTTI).
- NASTRO D'ARGENTO 2017 A LUCA BIGAZZI PER LA MIGLIOR FOTOGRAFIA (ANCHE
PER "SICILIAN GHOST STORY" DI FABIO GRASSADONIA E ANTONIO PIAZZA). LE
ALTRE CANDIDATURE SONO: MIGLIOR FILM, REGIA, ATTORE (RENATO CARPENTIERI)
E ATTRICE (GIOVANNA MEZZOGIORNO E MICAELA RAMAZZOTTI) PROTAGONISTI,
SCENOGRAFIA E SONORO IN PRESA DIRETTA.
ITALIA 2016 - 103 min.
Produzione: PEPITO PRODUZIONI CON RAI CINEMA
Distribuzione: 01 DISTRIBUTION
Sentimenti che si incrociano tra il sorriso e la violenza. Un padre e i suoi figli non amati, un fratello e una sorella in conflitto, una giovane coppia che sembra serena. E i bambini che vedono e non possono ribellarsi. La storia di due famiglie in una Napoli inedita, lontana dalle periferie, una città borghese dove il benessere può mutarsi in tragedia, anche se la speranza è a portata di mano.
CRITICA
"Il
fascino e la forza del film sono soprattutto (...) nell'accettazione
silenziosa di un'aridità che Lorenzo ha finito come per trovarsi
addosso, forse senza sapere perché (sono così tante le complicazioni
della vita...) e che però accetta ineluttabilmente, come una condanna
del destino. A volte certi dialoghi rischiano di dire o sottolineare
troppo (l'incontro con Greta Scacchi, il dialogo intorno a un gelato col
nipotino, l'ultima scena con la Ramazzotti), ma alla fine Amelio sa
trovare il giusto equilibrio tra il bisogno di confrontarsi con
l'intimità delle persone e la voglia di essere sincero fino all'(auto)
flagellazione."
(Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 21 aprile
2017)
"La paura di non essere amati, ma soprattutto quella di non saper amare
nel modo giusto. La forza e la fragilità di sentimenti, spesso
irrazionali, crudeli, misteriosi che ci mettono in guerra con gli altri e
con noi stessi. Sono questi i temi intorno ai quali ruota 'La
tenerezza' di Gianni Amelio (...). Rielaborando in maniera molto
personale la materia letteraria di partenza, Amelio toma dunque a
riflettere sul rapporto tra padri e figli, scegliendo per la prima volta
un protagonista suo coetaneo e aggiungendo un tassello importante al
racconto di sé. Non si tratta ovviamente di un film autobiografico, ma
di una storia però che consente al 'ragazzo di Calabria' di riflettere
sul difficile dialogo tra generazioni e di fare i conti con la sua
esperienza di figlio (suo padre viveva lontano, in Argentina), oltre che
di genitore (adottivo). (...) Se ascolterete bene la canzone dei titoli
di testa 'Mia ForaThymamai' che la greca Arleta cantava negli anni
Sessanta, scoprirete che 'La tenerezza', forse il film più inafferrabile
e inquieto di Amelio, ha lo stesso fascino poco orecchiabile di quella
melodia, non facilmente accessibile, ma capace di schiudere le porte di
un mondo misterioso, poetico, che il regista tratteggia con lo stile che
caratterizza i suoi film più intimi e che racconta seguendo percorsi
tutt'altro che scontati."
(Alessandra De Luca, 'Avvenire', 21 aprile
2017)
"Con la sua abilità nel mettere in mostra i lati oscuri della nostra
società, le zone da tenere nascoste ('Colpire al cuore') fino a quelle
in controtendenza ('Intrepido' ne è stato l'esempio folgorante) con 'La
tenerezza' Gianni Amelio compie un pericoloso percorso in un mondo che
ha perso i sentimenti. Quasi a servirsi di un materiale scottante, porta
lo spettatore a confrontarsi con una inesauribile gamma di emozioni che
dapprima sono lievi e appaiono quasi timidamente, come una sorta di
gentilezza e di accoglienza, di cura e di amorevolezza, per poi risalire
la china con toni sempre più forti e aspri, come il dolore, il
disgusto, l'abbandono, l'indifferenza, la mancanza di perdono. È come se
Amelio mettesse il pubblico di fronte a una terapia per riappropriarsi
di sfumature che non gli appartengono più, cancellate ormai quasi solo
da una cupa tensione. Quasi un abbecedario, una grammatica da imparare
nuovamente a furia di vedere le immagini a senso unico proposte quasi
sempre dal nostro cinema, ma anche per riconoscere quelle sensazioni che
si direbbero sparite dai rapporti umani come per un'anestesia
generalizzata. (...) è (...) puro cinema questo rendere materia viva
attraverso i personaggi un materiale tanto poetico e impalpabile ma
anche quello più vistosamente drammatico tratto delle nostre cronache,
come può essere il confronto con il migrante o con le famiglie «normali»
che finiscono in cronaca nera. II film ti costringe a non cambiare
pagina, a guardare negli occhi almeno per qualche secondo l'altro, a
cercare ragioni. E un'altra particolare abilità del regista è di
innalzare il tiro con equilibrio, attraverso alcune scene straniate, da
analizzare ognuna separatamente, da ricordare come quelle strofe che si
imparano a memoria. Senza proclami, ma con una sapienza rara, 'La
tenerezza' riesce a creare un mondo dove infine la cupa ostilità verso
la vita che costringe inevitabilmente ad invecchiare si stempera dopo
aver imparato nuovamente a uscire dal proprio egoismo (...)."
(Silvana
Silvestri, 'Il Manifesto', 21 aprile 2017)
"'La tenerezza' si svolge a Napoli, la città dove Renato Carpentieri si è
formato come uomo e come artista (è nato a Savignano Irpino). Ma
potrebbe essere un film inglese: la trama è tutta costruita sulla paura
di esprimere i propri sentimenti, sull'incapacità di trovare le parole
giuste per dirli; e tutto il grande cinema britannico, da 'lo sono un
campione' di Lindsay Anderson al miglior Ken Loach, fino a Mike Leigh,
racconta proprio questo 'pudore' che finisce per trasformarsi in
vergogna. (...) 'La tenerezza' è un meraviglioso viaggio nell'infanzia,
un mondo nel quale Amelio ama ritornare e che si diverte a rintracciare
anche laddove sembra essere obliterato. Naturalmente ostinarsi a
rimanere bambino, per un adulto, è una nevrosi: per questo nella trama
sono in agguato il dolore e la morte, e per questo Lorenzo deve
attraversare l'inferno per ritrovare il paradiso; o, meglio, per vivere
un gesto di tenerezza - appunto - (...)."
(Alberto Crespi, 'L'Unità', 21
aprile 2017)
"Basta leggere 'La tentazione di essere felici' di Lorenzo Marone (...)
per capire quanto Gianni Amelio si sia impadronito del testo realizzando
un film personalissimo. (...) Nella cornice di una Napoli decadente e
vitale, il continuo deambulare dell'anziano misantropo rispecchia un
caotico fluire interiore di memorie, rimpianti, emozioni che solo
sull'onda di una tragedia annunciata si ricompone in una possibile
prospettiva di riappacificazione. Con la sua interpretazione asciutta e
densa, Carpentieri è il cuore profondo del film; e nei panni della
figlia Giovanna Mezzogiorno ben gli si affianca, ma gli altri personaggi
risultano sfocati; e forse avrebbe giovato la scelta radicale di
ridurli a pure figure fantasmatiche."
(Alessandra Levantesi Kezich, 'La
Stampa', 27 aprile 2017)
"(...) il film mantiene le promesse: è assai perfettibile (chi o che
cosa non lo è, del resto?), accorciabile, emendabile nei didascalismi,
sanzionabile in dialoghi talvolta da seconda (o terza) unità di
scrittura, ma sono debolezze secondarie e incertezze ancillari, che non
inficiano la mole poetica e non scalfiscono la massa critica. 'La
tenerezza' è opera novecentesca, ponderosa, perfino massimalista, che
anziché pensare debole, riflettere minimale, osservare laterale come usa
oggi ha ancora l'orgoglio, e la presunzione, di voler dire e vedere
qualcosa, e qualcosa di importante. È cinema pe(n)sante, che si arroga
il diritto e il dovere di un'intenzione esaustiva, uno sguardo
omnicomprensivo, una volontà totalizzante: un film-mondo, che affida a
un vecchio la missione di dirci che cosa non va in questo scorcio di
Terzo millennio e, soprattutto, che cosa non va in noi. Sì, è cinema
ideologico: fuori tempo massimo e dunque finalmente. (...) Nella
vecchiaia non doma di Lorenzo, nel navigare a vista di Elena, nel
sopravvivere di Lorenzo e Michela, Amelio scruta, costruisce e distrugge
il nostro qui e ora, sommando sbagli e sottraendo volontà,
moltiplicando paure e dividendo coppie. Senza abdicare alla speranza.
Superba prova di Carpentieri, 'dominus' del film a scapito di quel che
una locandina bugiarda lascia intendere, prove solide di contorno di
Germano, Mezzogiorno, Greta Scacchi (la madre di Fabio) e, un po' meno,
Ramazzotti, è un film coraggioso, forse necessario, più forte dei suoi
errori, più urgente di quel che crediamo. Anche nel ritrarre l'efferato
Amelio si prova a suo agio, ovvero intrepido - stavolta sì! - e tenero
insieme. Da vedere, masticare e riflettere: non se ne va facilmente."
(Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 27 aprile 2017)
"Se fosse scrittura su carta il cinema di Amelio, almeno da 'Lamerica', e
poi con 'Così ridevano', sarebbe inciso da un pennino, segno forte,
colore intenso. Anche qui le immagini perdurano ben oltre la proiezione.
Dipende da un preciso equilibrio (melo)drammatico tra visione ed etica
del raccontare (in sintonia col direttore della fotografia, qui Luca
Bigazzi). (...) memorabile Carpentieri (...). Visconti e Bertolucci
nella personale alchimia di regia."
(Silvio Danese,
'Nazione-Carlino-Giorno', 27 aprile 2017)
"Non tutti i conti quadrano nel bel film del veterano Gianni Amelio
(...). Subito le carte in tavola: quello sconvolgimento familiare che
arriva, più inatteso che mai, a metà strada, resta senza spiegazione. Di
più non si può dire per non guastare la sorpresa allo spettatore, che
sarà probabilmente spiazzato per l'improvviso passaggio dalla commedia
al dramma. (...) Il maturo caratterista Renato Carpentieri è il superbo
protagonista di una storia desolata, che ha sprazzi di grande tenerezza
(...), ma è sempre dominata dalla sterilità dei sentimenti. Più defilati
gli altri personaggi, anche se nei titoli si prendono abusivamente i
primi posti."
(Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 27 aprile 2017)
"Amelio torna a riflettere sul rapporto tra padri e figli e sul
difficile dialogo tra generazioni in uno dei suoi film più dolorosi e
intimi, schiudendo le porte di un mondo misterioso, poetico, che il
regista tratteggia con lo stile più riuscito."
(Alessandra De Luca,
'Avvenire', 28 aprile 2017)
"L'undicesima regia cinematografica del grande regista de 'Il ladro di
bambini', 'Lamerica' e 'Così ridevano' è un rebus affascinante. (...) È
un film scarno, a tratti scorbutico (come la prova di un immenso
Carpentieri), con cadute di tono (la Mezzogiorno sembra schiava di un
complesso di Elettra tale da, in una scena, ridicolizzarla) ma una
saggezza, e umanità, di fondo che potrebbero esaltare sia laici che
cristiani."
(Francesco Alò, 'Il Messaggero', 28 aprile 2017)
"Peccato che le buone intenzioni del regista e dello sceneggiatore
Taraglio - senza tirare in ballo quelle dello scrittore - inizino presto
a scollarsi dall'effettiva consistenza del film, spiazzato da dialoghi
non all'altezza e smorzato dalla sbrigatività con cui sono proposti gli
atteggiamenti del figlio Saverio (Muselli) e soprattutto quelli della
figlia Elena (Mezzogiorno) (...). Il meccanismo della faticosa
riconquista della tenerezza perduta da pane dell'avvocato (...) funziona
con una certa logica, ma neanche quest'aspetto convince sino in fondo
perché il marito torinese psicolabile è tratteggiato da Germano come una
vignetta, mentre laRamazzotti regge il passo di Carpentieri ancorché il
suo personaggio naif-romnanesco sia ripetitivo rispetto a quelli di
consuetapertinenza. Il difetto secondo noi maggiore, però, s'evidenzia
quando «La tenerezza» viene tagliato in due da un tragico colpo di scena
che, invece diriparare a quanto d'irrisolto c'era nella prima parte, lo
intorpidisce, lo mette in stand-bye lo appesantisce con troppe
spiegazioni spesso accollate ai monologhi di comprimari che al di là
della resa (buona quella di Maria Nazionale, sbiadita quella di Greta
Scacchi) finiscono col fare la figura delle giunture di servizio. In
definitiva, con tutto ilrispetto per una visione di Napoli
coraggiosamente sobria e con le sue emozioni, deo gratias, più
accarezzate che «mangiate» dalla fotografia di Bigazzi, le tessere del
puzzle non riescono a trasformnarsi in disciplina drammnaturgica,
armonia narrativa, pienezza umanistica, nella sintesi di un film,
insomma, che del pathos ispiratore non faccia aleggiare solo lo
spettro."
(Valerio Caprara, 'Mattino', 29 aprile 2017)